di Roberto Piccoli
Penso che vi sia ormai una sorta di riflesso condizionato dell'elettore medio nei confronti di certi slogans (e ancor più, forse, di certe polemiche esasperate): andare nella direzione opposta.
Le varie sinistre d'oltralpe avevano scordato "la Francia reale", la "Francia profonda", è stato scritto da più parti. Come non notare che un errore analogo lo hanno fatto e lo stanno facendo le nostre? Chi ha perso, in qualche modo ha descritto agli elettori un paese "chiuso in una sorta di ammuffita bolla d'aria", per citare una felice espressione di Barbara Spinelli (su La Stampa del 22.04.2002).
Ma "Pancho" & Ginsborg accusano i diesse di aver scordato "la Sinistra reale". Io dico solo che, per una volta, si potrebbe non essere realisti! O meglio: tra l'Italia reale e la Sinistra reale, meglio la prima. Che oltretutto non soffre del complesso di infallibilità.
A D'Alema Moretti non avrebbe dovuto chiedere di "dire una cosa di sinistra", ma di "fare la cosa giusta per l'Italia", che se poi è anche una cosa di sinistra -- e questo è più che probabile -- tanto meglio. Non è un gioco di parole: non può essere un caso che fra tutte le sinistre europee quella francese sia stata la più tenacemente "identitaria", e dunque la più scettica sulla "Terza Via", la meno blairista.
E non può essere ovviamente un caso che l'unica sinistra vincente in Europa, da un po' di tempo in qua, sia proprio il Labour di Tony Blair, che con la retorica dell'identità e delle radici ha dimostrato di non avere più nulla da spartire.
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