Neri, direttore dell'istituto di Genetica in Cattolica: nessuna certezza scientifica all'ipotesi di poter derivare organi e curare malattie
«Da questo esperimento promesse da fantascienza»
«La ricerca studi come ottenere cellule che non siano un embrione in fieri»
Intervista a Giovanni Neri di
Lucia Bellaspiga
(, 27 novembre 2001)
«Abbiamo
creato un'entità, non un individuo: è solo una vita
cellulare», ha minimizzato il dottor Michael West dal
Massachusetts, mentre annunciava al mondo la prima clonazione
di un embrione umano. Una prudenza comprensibile, visto che
nel suo laboratorio si era tentato l'intentabile e ci si era
pure riusciti. Ma nella sua autodifesa lo scienziato ha
utilizzato due termini forse inconsci, certo illuminanti:
«creare» e «vita». E da questi non si scappa. «I ricercatori
americani hanno applicato all'essere umano lo stesso
esperimento che anni fa diede vita a Dolly, la prima pecora
clonata. L'unica differenza è che ci si è fermati prima; se si
fosse deciso di impiantare l'embrione in un utero, sarebbe
potuto nascere un essere umano», spiega Giovanni Neri,
direttore dell'istituto di Genetica medica all'Università
Cattolica di Roma. Come hanno proceduto i ricercatori?
Hanno preso una cellula uovo, l'hanno privata del
suo nucleo e vi hanno inoculato il nucleo della cellula adulta
di un essere umano qualsiasi: così hanno creato una cellula,
clone del donatore del nucleo. A questo punto, anziché
impiantarla in un utero, l'hanno tenuta in vitro, finché si è
divisa. Qui l'hanno distrutta. Perché? Perché a loro non
interessava, almeno per ora, clonare un uomo, ma dimostrare
che d'ora in poi sarà possibile trarre da un embrione umano
cellule staminali per rigenerare tessuti e organi e curare
malattie. Il fatto è, però, che siamo nel fantascientifico:
nessuno ha mai verificato che dalle cellule staminali si
possono davvero creare «organi di ricambio». Al di là
di considerazioni etiche, da un punto di vista scientifico
qual è l'importanza dell'esperimento di West?
Risolverebbe il problema del rigetto: se ad
esempio prendessimo le cellule staminali da uno dei tanti
embrioni congelati già esistenti, teoricamente per creare
fegati o pancreas, l'organo verrebbe poi rifiutato in quanto
estraneo. Se invece provenisse da una clonazione, sarebbe
«riconosciuto» dal corpo. Questa non è che la cosiddetta «via
italiana» alla clonazione terapeutica, ma è solo un'ipotesi
tutta da verificare. Altre novità importanti?
Con l'esperimento di Dolly si era già dimostrato
che i cromosomi del donatore adulto, inoculati in una cellula
uovo, potevano essere riprogrammati, cioè tornavano «giovani»,
allo stato embrionale. Ma fino a oggi non si sapeva se avrebbe
funzionato anche sull'uomo: è questa la scoperta straordinaria
in un esperimento che, per il resto, era già noto.
L'ipotesi di creare un pancreas per chi soffre di
diabete o il midollo spinale per chi è in carrozzella
certamente costituisce un'attrattiva capace di «giustificare»
altri passi verso la clonazione umana. I
ricercatori di tutto il mondo a parole si dicono contrari alla
clonazione umana. Ma se davvero essa si rivelasse decisiva per
curare le più gravi patologie, il cammino sarebbe
inarrestabile: oggi è un embrione, domani sarà un uomo. Siamo
solo all'inizio, di certo proseguiremo su questo piano
inclinato, anche perché non servono tecniche molto
sofisticate. Perciò è importante che la scienza studi se c'è
la possibilità di distinguere il discorso «cellule staminali»
dal discorso «embrione»: dobbiamo arrivare a cellule staminali
che non siano un embrione in fieri, che cioè
impiantate in un utero non possano diventare un essere umano.
West sostiene che l'embrione umano da lui distrutto,
«seppure potenzialmente può svilupparsi in un essere umano,
nello stadio in cui lo smontiamo è solo una palla di cellule».
Un trucco linguistico per camuffare la verità. La
prova che West ha ucciso un vero embrione è lapalissiana: in
un utero, sarebbe diventato un uomo. Bisogna ottenere cellule
non in grado di svilupparsi come embrione attraverso una
metodica certa, dimostrabile scientificamente, sperimentata su
animali. Sarà possibile? Se è possibile
riprogrammare i cromosomi di una cellula adulta con le
proprietà di una cellula embrionale (ormai grazie a West è una
certezza), perché non si dovrebbe riuscire in questa nuova
sfida? C'è anche l'alternativa delle cellule staminali
adulte, prese ad esempio da cordoni ombelicali o dal midollo.
È la vera strada da battere: le staminali adulte
hanno già dato buona prova di sé, dimostrando di poter essere
differenziate per i diversi tessuti e organi di ricambio.
Hanno anzi il vantaggio di essere predisposte alle varie
funzioni: una cellula cerebrale sarà già adatta a produrre
cellule di tipo nervoso... Perché i ricercatori
americani si sono fermati a un passo dal produrre le cellule
staminali? Forse non hanno avuto il coraggio di
arrivare in fondo. O forse... la cessazione non è stata
spontanea come dicono.
Top
|