UGO INTINI
La prima delle derive è la più esplosiva per la crisi irachena. La seconda
rischia di influenzare negativamente il risultato delle elezioni
amministrative per la concomitanza con il referendum sull'estensione
dell'art. 18. La terza è la più catastrofica sul piano psicologico, perché
allontana definitivamente i militanti ex democristiani ed ex socialisti
innaturalmente confluiti nel Polo. Ma comporta anche una frattura col capo
dello Stato per il danno sistemico che comporta. Ostacola infatti la
nascita, continuamente auspicata dal presidente Ciampi, di un compiuto
sistema bipolare, dove la maggioranza e l'opposizione, anziché
delegittimarsi, si legittimino e rispettino a vicenda. Con un lungo tiro
alla fune, si è cercato di contrastare le tre derive che tuttavia,
saldandosi tra loro, di girotondo in girotondo, di corteo in corteo e di
adunata in adunata, hanno spostato gradualmente il baricentro dell'Ulivo
verso l'estremismo, fino a rischiare di capovolgere il risultato del
congresso diessino a Pesaro.
Infine, la corda si è spezzata. Lo Sdi è rimasto con in mano un piccolo
pezzo di fune e con la convergenza dell'Udeur sulla sua stessa posizione.
L'Ulivo, da un anno incapace di porre paletti verso i tre convergenti
estremismi, sembra aver preso le sue decisioni. Ha sostanzialmente scelto
Verdi, Comunisti, dipietristi e girotondisti, ha emarginato socialisti e
cattolici moderati, mentre i riformisti di Ds e Margherita sono rimasti
intrappolati e minoritari nel cosiddetto Ulivo 2.
È ormai molto difficile, quasi impossibile, almeno per il momento, invertire
la tendenza. Forse è anche bene che sia giunta una scelta netta, anche se
per i socialisti la peggiore. Certo, si insisterà per un chiarimento
politico, ma questo ormai c'è già stato e non si vede il possibile effetto
pratico di nuove, ambigue e defatiganti mediazioni. Cortei antiamericani,
scioperi e occupazioni delle stazioni, come ai tempi della guerra di Corea,
Cgil separata da Cisl e Uil, creano uno scenario che delizia il Polo, perché
ricorda la sinistra non del 2000, bensì degli anni '50. Ma faremo lealmente
la nostra battaglia per le prossime amministrative, continueremo a lavorare
per l'opposizione e per un Ulivo diverso da quello che si prepara, nel quale
non ci riconosciamo: per un Ulivo credibile come alternativa di governo.
Nella speranza che l'Europa, il ben diverso contesto internazionale e la
divisione della maggioranza rendano i "nostri anni '50" meno lunghi di
quelli toccati ai riformisti di allora. Anzi, a quest'ultimo proposito,
forse non tutto il male viene per nuocere, perché le divisioni di
maggioranza e opposizione tendono a svilupparsi in modo simmetrico. Se
avremo più coraggio e fortuna noi nel contrastare la deriva estremista
dell'opposizione, altrettanto avranno più coraggio quanti si ribellano, nel
Polo, alla deriva estremista di segno diametralmente opposto.
Come post scriptum, aggiungo due osservazioni. Non preoccupa che alcuni
deputati diessini votino con la sinistra più radicale, perché ciò accade in
tutti i partiti socialdemocratici. Preoccupa che interi partiti dell'Ulivo
lo facciano. Non preoccupa che la sinistra radicale manifesti in piazza e
svolga il suo ruolo, perché questo ruolo, spesso dialettico, costituisce uno
stimolo positivo in tutta Europa. Preoccupa che, in Italia, e soltanto in
Italia, la sinistra pragmatica di governo non riesca a guidare quella
radicale ma, al contrario, finisca per esserne guidata.
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