Sotto il tallone delle ideologie di Giuseppe Galasso
Va pure detto, però, che, nel coltivare miti e ideologie, si è anche trovata la via di molti echi internazionali (si pensi solo, ahimé!, alle fortune mondiali del termine «fascismo»); che qualcosa in più si può riconoscere ad alcuni (Croce, ma non solo); e che il pensiero italiano ha pur retto il regime libero a lungo prima e dopo del fascismo.
La riconversione dall'ideologia al pensiero è stata difficile. Ne è un esempio (qui illustrato bene) Bobbio, mediatore fra cultura liberale e cultura marxistica (ma anche, credo, attento al momento istituzionale del liberalismo più che a quello etico e dinamico).
Ancor più difficile, come Bedeschi mostra in belle pagine, è stata la ricerca di vie nuove (con Salvemini, con la «rivoluzione liberale» di Gobetti e di Dorso o il «liberal-socialismo» di Rosselli, con Ernesto Rossi). Quanto ai cattolici, egli insiste a ragione sulla loro oscillazione fra liberal-democrazia (Sturzo, De Gasperi) e integralismo (Dossetti).
Dagli anni '50 c'è poi l'eclisse liberale, malgrado le fortune del «Mondo» di Pannunzio, e una netta prevalenza marxistica, fino alla «contestazione» e alla crisi del marx-comunismo, in cui campeggia Colletti intorno a un filo liberale ormai esile, rovine e macerie, dunque, da Gentile «organico» al fascismo fino agli ultimi esiti marxistici, tanto che sono poi due storici come Romeo e De Felice a dare a Bedeschi il modo di fissare il senso della sua ricostruzione. Nella quale non figurano o sono appena accennati temi di primario rilievo (così Nitti e Olivetti). Ma questa è una scelta. Retto da un saldo criterio di ricerca e giudizio, il libro interessa e istruisce, svelando nessi e significati, fratture ed equivoci spesso ignorati, mentre i suoi autori preferiti (De Ruggiero, Romeo, De Felice) sono una garanzia del suo spirito liberale.
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